il Cittadino, 22 ottobre 2022
Dalla “nobile” raspadüra agli insaccati, la rivincita della cucina tradizionale
È stata la “tavola del contadino” l’oggetto della conviviale ecumenica organizzata dall’Accademia italiana della cucina, delegazione di Lodi, giovedì sera in città nei locali dell’Osteria del Rugantino. Un momento per approfondire il valore culturale della enogastronomia, per riscoprire il rapporto tra la cucina e il territorio.
A impreziosire l’incontro è stata la presenza di Ambrogio Abbà del caseificio Zucchelli di Orio Litta in compagnia del giovane collaboratore Stefano Grioni, trionfatore in più edizioni della “gara di raspa” organizzata a Lodi nel contesto della rassegna “Le Forme del Gusto”. Proprio i prodotti lattiero caseari sono stati al centro dell’alimentazione contadina nelle nostre terre, come ha spiegato Federico Maisano delegato onorario dell’Accademia. «La ricchezza di acque e terreni pianeggianti ha favorito lo sviluppo di un’economia basata su agricoltura e zootecnica – ha affermato – che inevitabilmente hanno influenzato la cultura e la cucina.
La struttura della cascina lombarda, come la conosciamo ora – ha aggiunto – si afferma circa dalla metà del 1700 ed era caratterizzata da un’associazione tra produzione di cereali e allevamento».
Date queste premesse, è divenuto «centrale nell’alimentazione rurale il binomio latte-maiale e la cultura alimentare ha inserito questi due prodotti in posizione di assoluto rilievo. All’interno delle cascine, piccoli microcosmi quasi autosufficienti – ha proseguito Maisano – si è formata gran parte di quella che ancora oggi è identificabile come cucina tradizionale lodigiana, incentrata sui prodotti della terra, gli insaccati di maiale e le frattaglie bovine, con la frequente presenza di latte, burro e formaggi».
Un mondo, quello delle nostre cascine, da cui la società moderna si è allontanata in modo «lento e inesorabile» soprattutto negli anni del boom economico del Dopoguerra, ma che tuttavia oggi, «dopo qualche generazione ha ingenerato una reazione uguale e inversa risvegliando una sorta di nostalgia delle origini che sta spingendo verso il recupero delle tradizioni rurali, soprattutto gastronomiche». «Riemergono così – ha osservato Maisano – i patti della memoria, cioè quelli che raccontano le radici culturali profonde della cucina lombarda di pianura, ricca di latte burro e panna, che festeggia con il maiale la trippa, che predilige le zuppe, i brodi, i sughi, le “pucie”, le polente, che oggi viene riproposta con successo da tanti agriturismi e dalle poche osterie trattorie rimaste ». A testimonianza di un rinnovato interesse per la cucina tradizionale, Abbà ha ricordato come dopo gli anni del boom economico, che avevano determinato una riduzione dell’apprezzamento per un prodotto tipico quale la raspadüra, oggi – e ormai da alcuni anni – ci sia una forte richiesta, alimentata tra le altre ragioni dalla presenza sui banchi della grande distribuzione organizzata.