il Giorno, 16 Novembre 2022
La rivincita di sua maestà la Raspadüra
Fino agli anni ’50 prodotto “povero” considerato per i meno abbienti, ora è un’eccellenza mondiale
Non è propriamente l’ombelico del mondo. In effetti, arrivando a Orio Litta in certe uggiose giornate d’autunno, pare di arrivare in una sorta di Finis Terrae agricolo dove la vita pare sempre uguale. Mai accontentarsi della prima impressione.
Perché qui la magia del «c’era una volta» è ancora tale, prologo di una storia cominciata a Cascina Marmorina nel 1938 grazie a nonno Ambrogio che da questi parti ci veniva dalla Bergamasca, per ricavare del buon formaggio dal latte che acquistava dai contadini. E allora, meglio sollecitarla. La racconta Ambrogio Abbà, attuale titolare della Zucchelli, uno dei caseifici più noti del Lodigiano, quarta generazione di una famiglia che ha scritto pagine importanti nell’agroalimentare della Bassa lombarda. E, ascoltandolo, si arriva a ricostruire la memoria collettiva a sud di Milano attorno al mitico «Granone lodigiano», per secoli prodotto-bandiera di questo territorio a due passi dal Po e dalla Via Francigena e capostipite del Grana Padano.
Che è poi la star assoluta di questa azienda, come rivelano le 35mila stagionate tra i 6 e i 36 mesi, in quella sorta di cattedrale piena di scaffalature che chiamano magazzino, atto finale di una lavorazione che inizia nel caseificio, prosegue nelle caldaie in rame per la coagulazione e infine passa alla salamoia per la salatura.
Della serie: è questo il business. Ma nelle aziende conta anche il legame con certe cose dal particolare valore evocativo.
E alla maison Zucchelli, il signor Ambrogio e i figli, Alessandro per la parte agricola e Alberto per quella casearia, hanno un debole per il «Tipico Lodigiano» che è una sorta di pronipote del famoso «Granone » ed è uno dei cosiddetti Pat, «prodotti agroalimentari tradizionali», peraltro utilizzato per creare il formaggio più simpatico della terra compresa tra Ticino ed Adda. Facile: è la «Raspadüra», stagionata per 4-6 mesi e sfogliata a veli sottili, un tempo – fino agli anni ’50 – considerato un prodotto caseario destinato per lo più a ceti poco abbienti. Altri tempi. Oggi è diventato una chicca gourmet per guarnire piatti popolari ma anche delizie dell’alta ristorazione e nel caseificio di Orio Litta è una sorta di mascotte, come dimostrano le ordinazioni che arrivano alla Bottega del Gusto aperta dagli Abbà a fianco del caseificio. L’anno che finisce porterà sul mercato un’altra chicca. Anche qui, poca roba dal punto di vista quantitativo (sui 2-3mila chili) ma grande successo tra i consumatori: il mascarpone, peraltro nato nel Lodigiano, che arriva sul mercato tra Santa Lucia e la Befana.
Piacere effimero. Dura poco. Ma fa venire il buon umore. A lungo.